Red Public, una realtà aziendale emergente tutta al femminile
Fondata nel 2018 da Giada Maldotti, Red Public è un’azienda di consulenza strategica, la prima al 100% femminile.
Con headquarters in Milano e uffici anche a Roma e a Londra, è composta da un team di professioniste esperte in diverse aree di intervento tra cui trasformazione digitale, analisi di dati e modelli complessi, marketing strategico, gestione progetti internazionali.
Red Public è specializzata in tre principali ambiti di intervento che comprendono l’integrazione di diverse competenze, la promozione di una cultura inclusiva all’interno dei luoghi di lavoro, la gestione aziendale e la consulenza in ambito di transizione digitale e, più precisamente, si occupa di:
- Iniziative per inclusività e gender equality
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Strategia e PMO
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Trasformazione tecnologica e digitale
Con clienti che spaziano dalle telecomunicazioni all’energia, dal settore bancario alla pubblica amministrazione per arrivare al retail, alla moda e al lusso, Red Public si fa portavoce di un messaggio socialmente positivo per le generazioni future, preparando un mercato del lavoro sempre più equo e inclusivo.
La vision di Red Public si basa sul concetto di passione per il proprio lavoro, la mission è aiutare le imprese a comprendere che un team inclusivo e diversificato in azienda crea valore.
Da dicembre 2020 la maggioranza della società è stata acquisita Guido Fienga, che ha assunto il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione mentre la fondatrice, Giada Maldotti, continua a ricoprire il ruolo di amministratrice delegata
Cosa fa
Red Public si impegna ogni giorno a combattere la disuguaglianza di genere su due fronti: all’interno dell’azienda, costruendo una realtà ricca di opportunità lavorative e di sviluppo personale, e all’esterno, portando la filosofia dell’uguaglianza nel mondo delle imprese e delle istituzioni attraverso azioni concrete.
La filosofia di Red Public riflette il desiderio della CEO e fondatrice, Giada Maldotti, di creare una metodologia lavorativa basata su uguaglianza e inclusione su tutti i livelli, partendo dall’investimento nel talento femminile nella fase iniziale della carriera di una giovane professionista, per supportare successivamente le donne in ogni momento lavorativo favorendone lo sviluppo in ottica di leadership femminile.
Red Public aiuta le aziende a connettersi con il proprio pubblico, clienti e stakeholder per accrescere il business in modo innovativo e sostenibile.
A supporto dell’implementazione di questa idea, l’azienda ha sviluppato un sistema che permette di misurare la sostenibilità sociale e il livello di avanzamento aziendale in termini di inclusione: la Red Public Equality and Inclusion Certification.
La certificazione fornisce gli elementi per uniformare il percorso e renderlo attuabile in contesti universali nell’ottica della promozione di un giusto work-life balance, della garanzia che le donne non vengano discriminate sulla base delle responsabilità familiari, della possibilità di usufruire di orari flessibili e di piattaforme di welfare, di giusti salari e reali opportunità di carriera.
L’assessment condotto da Red Public è volto ad individuare lo stato di avanzamento nelle aziende dei percorsi di uguaglianza, individuare possibili pregiudizi che ostacolino le carriere femminili e che possono in modo inconsapevole portare a decisioni non inclusive. Red Public fornisce inoltre l’indicazione delle aree di forza e di miglioramento e le linee guida per proseguire nel percorso di evoluzione verso la creazione di un contesto sempre più equilibrato affinché il cambiamento positivo sia reale, rapido e tangibile.
Tutti questi aspetti sono fondamentali per promuovere un modello in cui le donne possano esercitare il loro talento e contribuire all’eccellenza dell’azienda in cui lavorando e di cui si sentono parte integrante. Così si crea valore!
Dove vuole arrivare
Grazie alla fiducia ottenuta finora dal mercato, l’azienda ha in previsione la creazione di un numero crescente di posti di lavoro al proprio interno.
Red Public prevede infatti di chiudere l’anno 2021 con 70 professioniste assunte a tempo indeterminato nei 3 uffici di Roma, Milano e Londra. Successivamente stima una crescita che porterà lo staff a 150 professioniste nel 2022 e a oltre 200 entro l’anno 2023. L’obiettivo è fornire un numero crescente di posti di lavoro, per arricchire il proprio team di consulenti e riscontrare finalmente, tramite l’applicazione del proprio modello, un impatto positivo sulla Gender Equality nel mondo professionale. Ulteriori previsioni riguardano l’impatto positivo
sul mondo del lavoro in generale attraverso l’assessment di Red Public e i progetti di consulenza per il miglioramento della Gender Equality e dell’Inclusion in tutte le aziende clienti. L’impatto positivo previsto sul mercato del lavoro e sulle aziende clienti potrebbe portare una riduzione della perdita di posti di lavoro ricoperti da donne fino al 15%.
Tra gli obiettivi di più ampio respiro di Red Public vi è l’investimento di parte degli utili in progetti ad impatto sociale come l’educazione alla parità di genere nelle scuole e l’attivazione di progetti speciali al femminile sia nel nostro territorio che in altre realtà in cui l’empowerment femminile necessita sostegno.
La creazione di un nuovo concetto di valore e della valorizzazione del singolo all’interno delle aziende è strettamente legata ad una reale inclusione.
Valorizzazione del talento femminile, giuste politiche aziendali ed inclusione sono strettamente correlate e direttamente proporzionali al successo delle aziende e della società.
Il cambiamento è possibile se diventa un progetto comune.
Giada Maldotti è fondatrice e CEO di Red Public, la prima società di consulenza strategica al 100% femminile, che supporta le aziende nel processo verso l’inclusività, la diversità e l’innovazione tecnologica.
Dopo una laurea al Politecnico di Milano in ingegneria gestionale e una formazione tra l’Italia e la Francia, Giada intraprende una carriera professionale che la conduce nel top management di multinazionali quali The Boston Consulting Group ed Ericsson. La sua esperienza abbraccia diversi ambiti, dall’M&A alla digitalizzazione, concentrandosi soprattutto nella transizione dell’industry moda e lusso verso una maggiore sostenibilità ambientale, sociale e digitale.
Il percorso di Giada la conduce in Svezia, a Stoccolma, in quel Nord Europa storicamente più all’avanguardia rispetto alle tematiche di inclusività di genere nella vita lavorativa rispetto al Sud Europa. Decide così di capitalizzare la propria esperienza e di portare in Italia la cultura dell’equità, dando vita ad una realtà aziendale la cui mission è promuovere l’empowerment femminile nelle imprese per dimostrare che un l’inclusività e la diversità dei team in azienda aggiungano valore. Giada Maldotti fonda Red Public alla fine del 2018 e in tre anni assume al suo interno oltre 40 professioniste, con l’obiettivo di avere, entro la fine del 2022, 150 dipendenti altamente qualificate tra Milano, Roma e Londra. Grazie al valore generato dal team Red Public la sua aspirazione è di impattare in maniera significativa sull’aumento della gender equality e dell’inclusion in tutte le aziende clienti. Il messaggio è chiaro: più diversity ci sarà nelle aziende, più queste diventeranno virtuose.
Inoltre, nella visione di Giada Maldotti vi è l’intento di investire parte degli utili in progetti ad impatto sociale quali l’educazione alla parità di genere nelle scuole e il sostegno di attività a supporto del women empowerment in diverse aree geografiche.
“Penso che per fare impresa oggi non ci si debba concentrare sulla generazione del profitto, ma sia necessario sempre tenere lo sguardo verso la riduzione dell’impatto sull’ambiente, la creazione di valore per le persone con proiettato verso l’avanti e le generazioni future.” Ha affermato Giada Maldotti.
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Intervista a Giada Maldotti, founder e Ceo di Red Public
Come nasce Red Public?
Red Public nasce come evoluzione naturale del mio percorso di vita e lavorativo, concretizzatosi poi nel 2018. Da una parte la mia esperienza lavorativa in aziende internazionali e in contesti globali, sicuramente molto inclusivi, dall’altra una sensibilità personale crescente verso le tematiche di uguaglianza, inclusione e sostenibilità mi hanno portata a non voler più essere spettatrice della situazione lavorativa in Italia ma parte di un cambiamento positivo. Avendo raccolto testimonianze anche di discriminazione e sofferenza attorno a me ho deciso che non dovevo aspettare a fare qualcosa e ho voluto offrire una opportunità di incontro tra i talenti femminili e le aziende.
Come si possono portare elementi quali l’empowerment delle donne, l’inclusione e la cultura della diversità nelle aziende?
Attraverso l’apertura di tavoli di discussione concreti e costruttivi con le aziende e il mondo delle istituzioni per poi passare all’introduzione di azioni molto tangibili che portino risultati sia alle aziende che ai loro lavoratori/ lavoratrici attuali e futuri/e. Red Public ha un tone of voice positivo e mai critico per dar modo alle aziende di iniziare o incrementare politiche e attività di miglioramento dell’inclusività e benessere delle proprie dipendenti e dei propri dipendenti, tra cui la digitalizzazione, il lavoro flessibile, il coaching e il mentoring. Cerchiamo di aiutare le aziende a innovare, cerchiamo di essere un partner stimolante per migliorare la comunicazione. E questo aspetto è fondamentale perché molte aziende, come le high tech, sono molto interessate a offrire opportunità di carriera a talenti femminili, ma magari non riescono a essere abbastanza attrattive. Crediamo che chiunque possa e debba avere gli strumenti per esprimere il proprio talento nel rispetto delle proprie scelte di vita. Crediamo in un cambiamento radicale e profondo ma che possa partire a piccoli passi, secondo il butterfly effect, definito dai ricercatori dell’MIT. Un battito d’ali può provocare grandi cambiamenti. Per noi il termine diversity va inteso sempre nella sua accezione positiva, senza creare divisioni, ma come valore di contaminazione, che è occasione di arricchimento e crescita. Dobbiamo imparare a parlare di fusione di competenze diverse, nelle aziende e nelle loro strutture, per permettere ad ognuno di esprimersi al meglio indipendentemente dalle proprie abilità, dalla propria formazione, dalla propria provenienza, dal proprio orientamento o dal proprio credo. Impariamo a cogliere il talento, a coltivarlo in ciascun dipendente, in tutti i dipendenti, insieme.
In che modo i valori quali l’inclusion e la diversity possono condurre un’azienda a creare innovazione?
È stato dimostrato che team inclusivi producono migliori perfomance economiche e finanziarie. La gender equality non è solo una questione etica, per le aziende i benefici sono anche economici e di sviluppo. In generale politiche a favore di inclusione e diversità creano un ambiente di lavoro più appagante che stimola i dipendenti a lavorare meglio e a presentare soluzioni innovative più efficaci e in minor tempo.
Si può davvero affermare che una politica aziendale inclusiva possa essere vantaggiosa per le imprese e anche per l’intero Sistema Paese?
Assolutamente sì. Squadre di lavoro inclusive portano maggiori profitti alle aziende e questo ha una ricaduta positiva sull’intero Sistema Paese. L’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere stima che in Italia la riduzione del gender gap nel mondo del lavoro porterebbe a un aumento del PIL che va dall’11 al 19%, mentre il raggiungimento della completa parità di genere porterebbe ad aumento del PIL nell’ordine del 30%. È chiaro quindi che un miglioramento della condizione femminile non porta solo benefici dal punto di vista etico, che sono comunque secondo noi fondamentali e necessari, ma anche dal punto di vista economico. Questo deve essere per tutte le imprese un motivo in più per impegnarsi a intraprendere il percorso verso la creazione di società più inclusive e paritarie e per tutte le persone per capire che non ci sono nemici da sconfiggere ma che bisogna prendersi per mano e andare verso un futuro sostenibile ed egualitario in ogni senso.
Cosa non funziona ancora in Italia in tema di pareggio salariale uomo/donna?
Nel 2019 le donne nel mondo hanno guadagnato il 63% di quello guadagnato dagli uomini. Se andiamo ad analizzare il gender pay gap, pur considerando le dovute differenze tra Paesi, possiamo dire che vi siano dei motivi spesso comuni, molteplici e interconnessi a causarlo. Un fattore è la percentuale di donne inattive rispetto agli uomini, il 45% delle donne in età lavorativa non è nel mercato del lavoro, contro il 22% dell’altro sesso, e il divario di posti di lavoro, pochissime ricoprono ruoli manageriali. Si tratta di dati globali, in cui le nazioni prese in considerazione sono spesso diversissime. Un altro fattore è la tipologia di lavoro che il sesso femminile tende a svolgere: servizi di assistenza, insegnamento, terziario, lavori quasi sempre meno retribuiti. Le donne rappresentano quasi la grande maggioranza dei lavoratori nel settore dei servizi come la salute, la vendita al dettaglio e il sociale. Spesso si dice “è un lavoro da donna”. Ecco, sembra proprio che questa considerazione esista e spesso voglia dire una minore retribuzione. Ma non è solo un tema di paghe. Nel nostro Paese, ma non solo in Italia, manca spesso la cultura dell’equità.
Se vogliamo gettare le basi per ottenere una parità salariale dobbiamo andare a scardinare tutti questi meccanismi per i quali le donne faticano ad avere accesso in generale al mondo del lavoro, quando ne hanno accesso si tratta di lavori poco pagati, quando le professioni sono pagate faticano ad avere avanzamenti di carriera. È necessario da un lato che il mondo delle aziende e quello delle istituzioni lavorino insieme e dall’altro che noi donne per prime prendiamo il coraggio di chiedere, di pretendere quello che ci spetta.
Dalla vostra esperienza di business, quali sono i principali limiti delle imprese italiane?
Ancora oggi nel nostro Paese la parità di genere non è stata raggiunta e l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo acuisce le differenze e le problematiche già esistenti. Le donne rappresentano la maggioranza nella popolazione inattiva e questo indicatore sta peggiorando. In generale in Italia il gap retributivo tra uomini e donne supera il 10% in base al ruolo, cioè per ogni euro guadagnato da un uomo la donna ne guadagna 90 centesimo. Più che altro parlerei di limiti di un Sistema Paese. Le imprese molte volte hanno paura di investire nei talenti femminili perché non ci sono sufficienti politiche a supporto, per esempio, di maternità e paternità. Ancora oggi, in molti contratti collettivi, è previsto che sia l’azienda a dover “pagare”, in parte, la scelta inviolabile di una donna di mettere al mondo un figlio. Questo alimenta i pregiudizi verso le donne. E impedisce alle aziende stesse di godere dei benefici che derivano da una organizzazione più inclusiva. Il benessere degli impiegati ha un riscontro abbastanza veloce nei risultati aziendali. Le donne devono anche essere aiutate ad avere fiducia nelle proprie potenzialità, a sapere come chiedere di più per poter ricevere pari trattamento. Ma ci sono ottimi segnali e veramente poche sono le aziende che non hanno intrapreso percorsi di miglioramento.
Quali sono le realtà aziendali vostre clienti oggi?
I nostri clienti di oggi includono aziende italiane e internazionali di medie e grandi dimensioni operanti in diversi settori come automotive, high tech, banking, IT, telecomunicazioni, health care, retail, lusso e anche consulenza. Red Public supporta queste aziende su diversi fronti tra cui Inclusion & Gender Equality, Digital Transformation & Innovation, Strategy e PMO.
Cosa c’è nel DNA di Red Public che differenza la vostra realtà dalle altre società di consulenza presenti nel mercato italiano?
Dando per scontato il talento e la professionalità, credo che Red Public trasmetta l’energia positiva e propositiva di chi crede che un modello alternativo sia non solo possibile ma migliore e realizzabile. Facciamo di tutto ogni secondo per dimostrarlo, sul campo. Quindi dal cliente non portiamo solo la competenza, ma anche la nostra visione di un mondo equo e inclusivo, oltre ad una femminilità a cui non vogliamo rinunciare.
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