Tumori gastrointestinali, la “Carta dei Diritti”
Colpiscono ogni anno circa 80.000 persone, rientrano tra le prime cinque cause di morte per tumore in Italia, sono spesso diagnosticati già in fase avanzata: eppure i tumori gastrointestinali, nello specifico le neoplasie di stomaco, colon-retto e pancreas, non hanno ancora trovato nel Servizio Sanitario Nazionale una risposta adeguata, che possa assicurare ai pazienti una presa in carico e un supporto adeguati e omogenei sul territorio e in tutte le fasi della malattia.
Chi convive con queste neoplasie deve spesso fare i conti con ritardi e tempi lunghi dell’iter diagnostico, disomogeneità nella presenza delle strutture di eccellenza, carenza della continuità assistenziale, che penalizza in particolare i pazienti in fase più avanzata.
Per questo FAVO – Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (https://www.favo.it/) ha lanciato la prima Carta dei Diritti dei pazienti con tumori gastrointestinali, #TumoriGIFacciamociSentire messa a punto insieme a ISHEO e con il supporto incondizionato del Gruppo Servier (https://www.servier.it/) in Italia.
Il documento, condiviso con le principali Associazioni dei pazienti specifiche per ciascuna area e validato da AIOM – Associazione Italiana di Oncologia Medica (https://www.aiom.it/), afferma otto diritti, imprescindibili per tutti i pazienti oncologici, ma che per queste tipologie di malati sono ancora più importanti: il diritto all’assistenza multidisciplinare, con la creazione dei “tumor board”, team multidisciplinari dedicati; la definizione di una rete Centri di eccellenza, che assicuri standard omogenei sul territorio; il diritto alla migliore terapia in ogni fase della malattia, fino al supporto nutrizionale, psiconcologico e palliativo e alla continuità assistenziale tra l’ospedale e il domicilio del paziente.
“La Carta dei Diritti sottolinea l’importanza della diagnosi precoce, della continuità terapeutica e dell’equità di accesso, aspetti questi che ovviamente interessano tutti i malati di cancro, ma che assumono particolare rilevanza per le persone colpite da tumori gastro-intestinali – afferma Francesco De Lorenzo, Presidente FAVO –
Le Associazioni firmatarie denunciano con forza la grande difficoltà o addirittura il mancato accesso ai trattamenti terapeutici nelle fasi più avanzate di malattia, con il grave conseguente impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti, aspetto che interessa tanto quanto l’accesso equo e omogeneo alle terapie disponibili.”
Principali destinatari della Carta sono le istituzioni, i decisori politici, i responsabili della pianificazione sanitaria delle Regioni e delle reti di cura, invitati a considerare finalmente i bisogni delle persone colpite dai tumori gastrointestinali, dalle fasi iniziali fino agli stadi più avanzati, e ad adottare comportamenti e pratiche che consentano una presa in carico globale e continuativa in Centri specializzati.
“Come chiedono le Associazioni, bisogna garantire a tutti i pazienti, qualsiasi sia lo stadio di malattia, l’accesso a terapie in grado di offrire tempo prezioso in termini di sopravvivenza – commenta Pierpaolo Sileri, Vice Ministro, Ministero della Salute –
Dobbiamo anche assicurare cure palliative e supporto psicologico, ad oggi molto carente, alle persone e ai famigliari; offrire il massimo supporto domiciliare potenziando la continuità ospedale-territorio soprattutto per i pazienti nella fase terminale della loro malattia.”
A monte della Carta vi è la “report analysis” della letteratura scientifica condotta da ISHEO nei mesi scorsi che ha fatto emergere i principali bisogni insoddisfatti e criticità sia nell’accesso alle terapie che nell’organizzazione dei servizi di assistenza del Servizio Sanitario Nazionale e dei servizi regionali.
All’analisi hanno fatto riscontro le interviste ai rappresentanti delle principali Associazioni dei pazienti e agli oncologi.
“Il focus approfondito nell’analisi è la capacità del sistema sanitario di garantire le cure migliori a tutti i pazienti in ogni parte d’Italia, anche nelle fasi avanzate di queste malattie – afferma Davide Integlia, CEO ISHEO –
Proprio in queste fasi infatti è emersa una disomogeneità importante nei percorsi di cura sul territorio italiano, derivanti soprattutto dalla mancanza di una linea guida forte, di uno “standard of care” come ci riferiscono le Associazioni coinvolte; una guida che porti criteri omogenei nelle differenti casistiche che si vengono a determinare in queste fasi.”
Un aspetto importante che emerge dall’analisi concerne la qualità dell’assistenza sanitaria con specifico riferimento alle prestazioni di tipo chirurgico.
In Italia molti Centri trattano chirurgicamente queste patologie, alcuni di questi però senza avere una casistica tale da permettere di intervenire con esperienza e sicurezza.
È noto che i Centri che hanno una casistica maggiore mostrano un tasso di successo più elevato.
Da qui l’esigenza, indicata dalla Carta, di riorganizzare il sistema in modo tale da identificare i Centri d’eccellenza ai quali far afferire il paziente.
Non meno cruciale la possibilità, per i pazienti, di accedere a tutte le opzioni terapeutiche disponibili, incluse quelle più innovative, anche nelle fasi avanzate di malattia, rendendo uniformi i protocolli di cura in ogni stadio dei tumori gastrointestinali.
“Il fatto di considerare la necessità di trattamenti anche nelle linee successive è molto importante affinché il paziente non venga abbandonato quando ha ancora spazio terapeutico – spiega Giordano Beretta, Presidente Nazionale AIOM –
Al tempo stesso, occorre distinguere quando è necessario un trattamento attivo e quando invece il trattamento attivo è sostanzialmente dotato di scarsa efficacia e, quindi, rischia di essere più dannoso che utile, laddove la terapia sintomatico-palliativa è la vera risposta ai bisogni del paziente.”
Le istituzioni possono accelerare la complessa riorganizzazione del sistema di cura e assistenziale. Un’interrogazione parlamentare presentata il 2 luglio ha chiesto espressamente al governo di far fronte all’individuazione di Centri di eccellenza e “tumor board” dedicati con team multidisciplinare.
“La Carta dei Diritti può rappresentare innanzitutto un’opportunità per accrescere la consapevolezza all’interno delle Istituzioni su ciò che ancora manca e di come bisogna agire per assolvere ai bisogni di questi pazienti con caratteristiche di grande complessità – sottolinea Elena Carnevali, XII Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati –
Penso, ad esempio, alle differenze che si registrano in termini di diritto ed erogazione dei servizi nel Paese, alla necessità di definire PDTA omogenei sull’intero territorio nazionale.
E ancora, a come risolvere il problema delle diagnosi tardive.
Il prezioso lavoro portato avanti dalle Associazioni aderenti a FAVO ha un compito ben preciso: fare da cassa di risonanza per guidare le Istituzioni, in primis il Ministero della Salute, per arrivare a rafforzare, verificare e garantire quelle esigenze che sono state sollevate nella Carta dei Diritti.”
Il punto di vista di oncologi e Associazioni
Dario Giuffrida, Direttore Oncologia Medica Istituto Oncologico del Mediterraneo di Catania e Consigliere Nazionale AIOM
“Quando la malattia è ormai troppo avanzata, la qualità di vita del paziente diventa cruciale.
In tal senso, il supporto psiconcologico al paziente e ai famigliari che hanno il peso del congiunto sofferente è di fondamentale importanza.
I pazienti nelle fasi più avanzate della malattia hanno problemi di perdita di peso e di malnutrizione.
Il supporto nutrizionale, che deve avvalersi di figure specialistiche all’interno della struttura oncologica, come il nutrizionista e il dietista, è una priorità.
Un altro cardine, forse il più importante e complesso, è contenere il dolore con una specifica terapia antalgica.
Questi pazienti molto spesso devono essere trattati con oppioidi, deboli e forti, per alleviare il dolore.
Il trattamento, in questi casi molto avanzati, non deve assolutamente essere ritardato onde evitare la riacutizzazione e il peggioramento della sintomatologia dolorosa.
Da ciò deriva l’importanza che nell’ambito di un team multidisciplinare oltre al chirurgo, all’oncologo e al radioterapista, devono essere presenti il nutrizionista, lo psiconcologo e il palliativista.”
Nicola Silvestris, Professore Associato di Oncologia Medica – IRCCS Istituto Tumori ‘Giovanni Paolo II’ di Bari – DIMO Università degli Studi di Bari e Membro del Consiglio Direttivo Nazionale AIOM
“Per superare le diseguaglianze assistenziali, i percorsi da seguire credo siano almeno due.
Il primo è formativo e culturale. Ciascuna Regione ha generalmente eccellenze professionali nelle varie discipline coinvolte nella gestione del paziente oncologico.
La crescita culturale è rappresentata dall’imparare che non esiste il primato culturale di una singola disciplina bensì l’educazione al dialogo e al confronto tra specialisti chiamati a identificare il miglior percorso di diagnosi e cura per il singolo paziente.
La seconda strada è quella che coinvolge le istituzioni chiamate a guidare, sostenere e soprattutto coordinare le eccellenze di ciascuna disciplina.
Esiste un terzo momento, che ritengo non debba essere dimenticato, ed è quello che coinvolge il mondo delle Associazioni dei pazienti che devono far sentire la loro voce ai medici e alle istituzioni.
È necessario superare l’idea del singolo specialista “luminare” capace di gestire in autonomia il percorso di un individuo che in un determinato momento della propria vita incontra la malattia oncologica.
Al contrario, deve crescere la consapevolezza, e conseguentemente la richiesta, dell’importanza di gestire queste situazioni in ambito multidisciplinare.”
Francesco Diomede, Segretario Nazionale AISTOM – Associazione Italiana Stomizzati e Presidente FINCOPP
“In diverse aziende sanitarie locali e in molti ospedali, grazie ad Associazioni come la nostra, ci sono dei centri di riferimento per la presa in carico del paziente stomizzato.
Dopo l’intervento chirurgico il paziente deve essere rieducato alle funzioni essenziali e ha bisogno, oltre che dei normali controlli, di indagini strumentali ed esami ematochimici che si effettuano durante il periodo di follow up, di un medico e uno stomaterapista.
Purtroppo, una volta uscito dall’ospedale i bisogni del paziente vengono molto spesso disattesi.
Questo perché non sempre c’è una continuità assistenziale tra l’ospedale e il territorio: al Nord la continuità è di buona qualità ma al Centro-Sud è mediocre e fondata sul volontariato.
Parliamo di bisogni importanti, specie per chi è affetto da un tumore del colon retto e, una volta uscito dalla struttura oncologica, non sa a chi rivolgersi costretto, a volte, ad affidarsi a mani poco esperte.”
Piero Rivizzigno, Presidente Codice Viola
“È in itinere in Lombardia la costituzione di “Pancreas Unit” grazie ad una delibera regionale alla quale Codice Viola ha dato il suo contributo.
La “Pancreas Unit” parte dalla premessa di creare un team multidisciplinare che sia in fase di diagnosi sia in fase di definizione di un percorso di cura fa riferimento a un gruppo di specialisti che insieme valutano le risultanze cliniche per dare il miglior supporto al paziente.
Per i pazienti tutto ciò significa una presa in carico completamente diversa da quella tradizionale. Si tratta di un modello assolutamente esportabile in altre Regioni italiane.
L’Associazione Codice Viola nel frattempo già ha preso contatti con altre istituzioni perché la realtà è che regioni come la Lombardia, il Veneto, la Toscana, in parte dispongono già di strutture di eccellenza che in maniera quasi volontaria praticano questo tipo di approccio, che a nostro avviso dovrebbe essere necessariamente portato avanti a livello nazionale, come accade per le Breast Unit.
Insomma, la nostra è una battaglia che cerchiamo di diffondere a un certo numero di interlocutori in altre Regioni.”
Claudia Santangelo, Presidente Vivere senza stomaco si può Onlus
“Si arriva ad una fase avanzata della malattia perché c’è una diagnosi tardiva e questa è una premessa importante.
La mortalità è altissima (a cinque anni sopravvivono 32 persone su 100) e nelle varie fasi di malattia, in particolare nella fase metastatica avanzatissima si fa fatica a capire quale tipo di farmaci utilizzare, a capire quali sono i farmaci disponibili e rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale.
Quindi, la fase avanzata di malattia oltre alla fragilità estrema del paziente è anche quella in cui c’è minore chiarezza nei percorsi di cura.
La necessità più urgente è quella di organizzare dei percorsi di diagnosi e cura appropriati e dedicati a questi pazienti con una rete oncologica, team multidisciplinari e multiprofessionali, un’assistenza continua tra ospedale e territorio.
Questa organizzazione purtroppo manca in alcune regioni italiane.
In tal senso, la Carta dei Diritti potrebbe assolutamente aiutarci a dialogare e sensibilizzare le Istituzioni.”
Stefania Bortolotti
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