Ipertensione arteriosa polmonare, la malattia rara che toglie il respiro

Ipertensione arteriosa polmonare

Ipertensione arteriosa polmonare, la malattia rara che toglie il respiro

L’affanno e la spossatezza appartengono a tante malattie diverse, ma tra queste ve ne è una tanto rara quanto grave: l’ipertensione arteriosa polmonare, tanto da far apparire il salire una piccola rampa di scale come una montagna da scalare, spesso anche il solo rifare un letto provoca una grande stanchezza.

Spossatezza (come appena accennato), affanno e svenimenti sono alcuni dei sintomi di una malattia rara dei vasi sanguigni dei polmoni chiamata ipertensione arteriosa polmonare.

L’ipertensione arteriosa polmonare colpisce circa 60 persone su un milione, di tutte le classi di età, con una predominanza quasi doppia di casi nella donna.

I dati dei registri internazionali indicano in media un rapporto di 1,9 donne colpite per ogni uomo e si stima che, in Italia, i malati siano circa 3.000,” spiega Nazzareno Galiè, Direttore della Cardiologia al Policlinico S. Orsola, Università Bologna, Coordinatore delle Linee Guida Internazionali sulla Ipertensione Polmonare e responsabile del Comitato scientifico AIPI-Associazione Ipertensione Polmonare Italiana.

Si tratta – prosegue Galiè – di una forma di “ipertensione polmonare” cioè di aumentata pressione sanguigna nel circolo polmonare, che porta a un progressivo sovraccarico di lavoro per il ventricolo destro del cuore e può culminare nello scompenso cardiaco e nella morte prematura in assenza di trattamenti adeguati.

Può comparire senza cause note e si definisce idiopatica, una forma questa che può essere anche familiare, geneticamente determinata, oppure può essere associata ad altre malattie: alcune cardiopatie congenite, malattie autoimmuni come la sclerodermia o il lupus eritematoso sistemico, HIV, la cirrosi epatica.”

Fino a pochi anni fa, le terapie disponibili per l’ipertensione arteriosa polmonare erano scarsamente efficaci e, nei casi più avanzati, l’unica soluzione era il trapianto dei polmoni o molto raramente di cuore e polmoni.

Ad oggi sono stati fatti progressi importanti, le terapie mediche consentono di migliorare notevolmente la qualità di vita dei pazienti e ridurre il ricorso al trapianto, e la ricerca continua a progredire.

Il vero problema di chi è colpito da ipertensione arteriosa polmonare è che la malattia non è solo rara, ma anche molto poco conosciuta, sia dai medici sia dalla popolazione generale.

Questo porta da un lato a difficoltà e ritardi nella diagnosi e dall’altro al fatto che i pazienti molte volte si rivolgono al medico quando la malattia è già in fase avanzata.

Sono inoltre relativamente pochi i centri medici con le competenze specifiche e l’esperienza clinica necessarie.

Spesso bisogna intraprendere lunghi viaggi per raggiungere i centri al di fuori della propria regione, con tutte le difficoltà del caso, soprattutto perché la malattia richiede controlli periodici.

Per questo nel 2001 è nata AIPI (https://www.aipiitalia.it/site/), con lo scopo di sostenere le persone con ipertensione polmonare e le loro famiglie, ma soprattutto per far sì che di questa malattia si cominci a parlare», sottolinea Leonardo Radicchi, Presidente AIPI.

L’area terapeutica dell’ipertensione arteriosa polmonare è l’ultima arrivata in casa Janssen.  (https://www.janssen.com/italy/).

Nel gennaio 2017, Johnson & Johnson aveva annunciato a livello mondiale l’acquisizione della biotech farmaceutica svizzera Actelion per 30 miliardi di dollari.

Quello era stato il primo passo del percorso che ha portato oggi Janssen ad allargare sempre più il suo impegno nell’ambito delle malattie rare.

“L’area terapeutica dell’ipertensione arteriosa polmonare si affianca alle nostre attività in onco-ematologia, neuroscienze, infettivologia, immunologia, malattie cardiovascolari e metaboliche – dice Massimo Scaccabarozzi, Presidente e Amministratore delegato Janssen Italia.

 Anche in questo caso siamo impegnati nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni terapeutiche innovative in grado di rispondere alle esigenze di cura di pazienti e nel sostenere le attività delle associazioni che assistono i malati e i loro famigliari.

Insieme ad AIPI stiamo lavorando a una campagna di informazione del largo pubblico sull’ipertensione arteriosa polmonare, con l’obiettivo di favorirne una più facile diagnosi.

Quest’anno insieme a Fondazione Mondo Digitale, abbiamo già coinvolto AIPI nel progetto ‘Fattore J’, destinato a sensibilizzare gli studenti delle scuole superiori sui temi della salute e della malattia.

In questi mesi difficili, per stare vicino ai pazienti con ipertensione arteriosa polmonare, abbiamo attivato il servizio “Janssen a Casa Tua”, mediante cui i nostri farmaci in formulazione orale per questa malattia sono consegnati direttamente al domicilio. Infine, per favorire la conoscenza della malattia, abbiamo realizzato il sito dedicato www.PHocus360.it e la relativa pagina Facebook.”

Nel Dna della nostra associazione è radicato il gene della collaborazione.

AIPI collabora con altre associazioni di pazienti con finalità analoghe in Italia; è stata tra i soci fondatori dell’associazione PHA Europe e ha firmato un accordo con l’americana PHA USA; collabora con EURORDIS, l’associazione europea per le malattie rare, ed è membro di PHA Planet, la rete informatica che permette a tutte le associazioni di pazienti con ipertensione polmonare di comunicare in tempo reale.

Il poter lavorare in maniera concreta e aperta anche con partner del settore industriale, come Janssen, è per noi fondamentale», aggiunge Radicchi.

A sottolineare un bisogno che non è solo dei malati di ipertensione arteriosa polmonare, il commento conclusivo della Sen. Paola Binetti, Presidente Intergruppo Parlamentare per le malattie rare:  Abbiamo bisogno di concentrarci sulle malattie rare, per evitare che i diritti di un gran numero di persone affette da malattia rara passino sempre in secondo piano, come se fossero malati di serie B.

Vorremmo che fosse pubblicato quanto prima il Piano nazionale delle malattie rare come segno di rispetto verso chi non solo riceve tardivamente la diagnosi della sua malattia, ma non può neppure curarsi con farmaci adeguati, perché la ricerca scientifica non li ha ancora scoperti.

 

Stefania Bortolotti

 

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