Più vitamina D aiuta a prevenire o rallentare Covid-19?
In uno scenario di grande emergenza in cui ai cittadini arrivano messaggi contrastanti che promuovono cure e rimedi miracolosi facendo leva sul senso di incertezza e paura, sarebbe meglio trasmettere pochi messaggi, il più possibile chiari e documentati.
La medicina ed il progresso scientifico, come scienza umana, d’altronde non sempre procede in linea retta, men che meno quando di fronte ad una pandemia manca il tempo per testare e verificare le soluzioni e si tende ad avanzare per tentativi.
Con queste premesse gli esperti da settimane si stanno interrogando sulla possibilità che la supplementazione di vitamina D possa realmente contribuire a prevenire o rallentare l’infezione da Coronavirus.
La recente comunicazione dell’Università di Torino, che ha riscontrato una consistente carenza di vitamina D in una ristretta popolazione di pazienti contagiati Covid-19, al punto da classificare l’ipovitaminosi D come un potenziale fattore di rischio, ripropone l’interrogativo con ancora maggiore forza.
Quindi, che fare? Quali raccomandazioni fornire?
“Quello che sappiamo per certo perché documentato da studi seri e consistenti – sottolinea la Professoressa Maria Luisa Brandi, Professore Ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso l’Università di Firenze, Responsabile del Centro Regionale di Riferimento su Tumori Endocrini Ereditari, Direttore Unità Operativa di Malattie del Metabolismo Minerale e Osseo presso L’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Careggi a Firenze e Presidente di FIRMO – è che la Vitamina D possiede due capacità indiscutibili: da una parte è in grado di amplificare l’immunità acquisita e quella innata del nostro sistema immunitario contro le forme virali, come ad esempio l’influenza; dall’altra che può aiutare a combattere le patologie respiratorie come le polmoniti.
Mettendo insieme gli elementi quindi la nostra raccomandazione, in una emergenza di questo tipo, è quella di consigliare alla popolazione ed in particolare agli over 65 la supplementazione di Vitamina D (Colecalciferolo) con l’assunzione di almeno 1.000 unità al giorno.”
Livelli di Vitamina D al minimo in questo periodo dell’anno.
Tra la fine dell’inverno, l’inizio primavera i livelli di Vitamina D immagazzinati dal nostro corpo con l’esposizione al sole sono da sempre al minimo, e se in più si pensa che gli italiani sono ormai da tre settimane chiusi in casa per l’isolamento domiciliare, ecco che è giustificata la preoccupazione degli esperti, che considerano di estendere la raccomandazione anche a giovani e adulti sia con consigliando un’alimentazione ricca di Vitamina D (salmone, pesce azzurro, latte, uova, funghi) sia con l’eventuale supplementazione.
Vitamina D al centro del dibattito scientifico e degli enti regolatori.
Negli ultimi mesi la Vitamina D è stata più volte al centro del dibattito scientifico ed oggetto di disposizioni di AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) perché il suo uso è stato probabilmente sovradimensionato anche in relazione a patologie (diabete, problemi cardiovascolari, tumori etc.) per le quali non ci sono ancora evidenze scientifiche consolidate di efficacia.
“La Vitamina D non può e non deve essere considerata la panacea per tutti i mali noi ci siamo da tempo espressi – osserva la Professoressa Brandi – con forza per riportare l’uso di questo ormone al suo obiettivo primario che è quello di aiutare e regolare il metabolismo minerale, sia in prevenzione primaria che secondaria dell’osteoporosi che purtroppo si stima arrivi a colpire fino a cinque milioni di italiani.
Tuttavia, in questo caso di grande emergenza, puntare sulla prevenzione e raccomandare di alzare i livelli di Vitamina D per sostenere il nostro sistema immunitario, pensiamo possa solo portare ad un effetto positivo, anche se certamente non misurabile.”
Lo studio americano “Vitamin D supplementation could prevent and treat influenza, coronavirus, and pneumonia infections” sostiene come lo stato di carenza di vitamina D nella popolazione durante l’inverno sia una delle condizioni che permettono la diffusione delle epidemie di influenze virali.
I ricercatori rilevano come tra le funzioni più interessanti della Vitamina D c’è quella che la vede come fattore protettivo delle infezioni respiratorie grazie ad alcuni meccanismi tra i quali: la soppressione dello sviluppo dei virus con l’induzione di proteine (Catelicidine e Defensine) e la riduzione della produzione delle Citochine infiammatorie che a loro volta diminuiscono il rischio dell’insorgenza di polmoniti per tempeste di Citochine.
FIRMO ATTIVA Help line COVID-19 attiva 24 ore 24 per i pazienti affetti da malattie scheletriche rare o osteoporosi.
Un aiuto per i pazienti affetti da malattie scheletriche rare o osteoporosi che hanno contratto il Covid-19 o lo sospettano, oltre che per i professionisti sanitari che non hanno esperienze specifiche in patologie ossee anche rare.
È possibile contattare FIRMO per porre domande su malattie rare e Covid-19 e osteoporosi e Covid-19 inviando una mail a info@fondazionefirmo.com , oppure dal sito www.fondazionefirmo.com e accedendo alla sezione domande e risposte direttamente dalla home page.
La help line, è stata creata grazie a ERN BOND (European Reference Network on Rare Bone Disorders), in accordo con la Federazione delle Associazioni di Persone con Malattie Rare d’Italia (UNIAMO FIMR) e con l’Associazione dei Pazienti affetti da Osteogenesis Imperfecta (ASITOI).
Vitamina D, cose da sapere:
-La vitamina D3 o Colecalciferolo è prodotta per l’80% a livello cutaneo dal colesterolo per azione dei raggi solari UVB, mentre il 20% è introdotto con la dieta.
Per diventare attiva questa vitamina deve subire due trasformazioni: una a livello epatico, una a livello renale.
Questa vitamina contribuisce all’assorbimento di calcio, il che assicura il corretto ricambio e mineralizzazione dell’osso, comportando una riduzione della perdita ossea.
-La vitamina D ha inoltre un effetto di stimolazione diretta sul tessuto muscolare, migliorando la forza e la funzionalità muscolare, sia nei giovani sia negli adulti e anziani, riduce il rischio di cadute e fratture.
-In Italia il 76% degli anziani (60-80 anni) presenta un quadro di ipovitaminosi D, e il 26% un quadro di ipovitaminosi D grave.
Applicando la stessa soglia, una simile distribuzione è presente anche tra i bambini.
-Lo stato vitaminico D si misura attraverso il dosaggio della 25-idrossivitamina D nel sangue: per il mantenimento di un ottimale metabolismo minerale e scheletrico sono necessari valori superiori a 20 -30 ng/ml.
Invece, circa l’80% dei fratturati di femore presenta bassi livelli di vitamina D, e circa il 60% (3 pazienti su 5) ne ha grave carenza (valori di 25-idrossivitamina D inferiori a 10 ng/ml).
-In caso di carenza, la supplementazione di vitamina D, insieme a un corretto introito di calcio, è la premessa per qualsiasi trattamento farmacologico specifico.
Infatti la carenza di calcio e/o vitamina D è la causa più comune di mancata risposta alla terapia farmacologia dell’osteoporosi.
La supplementazione può essere assunta in dosi giornaliere, settimanali o mensili.
In pazienti con severe sindromi da malassorbimento è a volte preferita la somministrazione per via intramuscolare.
Stefania Bortolotti
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