“Anthropocene” – l’impronta umana sul pianeta
Anthropocene: il termine deriva dal greco anthropos che significa uomo, indicando l’impatto che l’homo sapiens ha sull’equilibrio del pianeta.
Anthropocene indica l’epoca geologica attuale, nella quale all’essere umano e alla sua attività vengono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche.
Questo termine venne diffuso negli anni ’80 dal biologo statunitense Eugene F. Stoermer (1934-2012) e adottato nel 2000 da Paul Jozef Crutzen (1933), chimico olandese, che, insieme al chimico statunitense Frank Sherwood Rowland (1927-2012) e il chimico messicano Mario José Henriquez Molina (1943), vinse il Premio Nobel per la chimica nel 1995 per : ”gli studi sulla chimica dell’atmosfera, in particolare riguardo alla formazione e la decomposizione dell’Ozono”. Paul Crutzen pubblicò il libro: “Benvenuti nell’Antropocene. L’uomo ha cambiato il clima, la terra entra in una nuova era”.
La mostra Anthropocene, in corso al MAST di Bologna e visitabile sino al 5 gennaio 2020, è un progetto artistico che indaga l’indelebile impronta umana sulla terra, attraverso le straordinarie immagini di Edward Burtynsky (1955, fotografo e artista canadese), Jennifer Baichwal (1965, regista canadese) e suo marito Nicholas de Pencier.
Combinando fotografia, cinema, realtà aumentata e ricerca scientifica, i tre artisti danno vita ad un’esplorazione multimediale di grande impatto visivo che documenta i cambiamenti determinati dall’attività umana sul pianeta e ne testimonia gli effetti sui processi naturali.
E’ suddivisa in quattro sezioni che coinvolgono gli spazi del MAST:
- Photogallery
- Foyer
- Gallery livello 0
- Auditorium
ed è un invito a riflettere sulla portata e sul significato di queste trasformazioni radicali. Dalle barriere frangiflutti edificate sul 60% delle coste cinesi alle ciclopiche macchine costruite in Germania, dalle psichedeliche miniere di potassio dei monti Urali in Russia alla devastazione della grande barriera corallina australiana, dalle surreali vasche di evaporazione del litio nel Deserto di Atacama alle cave di marmo di Carrara ed a una delle più grandi discariche del mondo ad Andora, in Kenya.
La terraformazione del Pianeta mediante l’estrazione mineraria, l’urbanizzazione, l’industrializzazione e l’agricoltura; la proliferazione delle dighe e la frequente deviazione dei corsi d’acqua, l’eccesso di CO2 e l’acidificazione degli oceani dovuti al cambiamento climatico; la presenza pervasiva e globale della plastica, del cemento e di altri tecno-fossili; un’impennata senza precedenti nei tassi di deforestazione ed estinzione: queste incursioni umane su scala planetaria – argomentano gli scienziati – sono così pesanti che i loro effetti sono destinati a perdurare e a influenzare il corso delle ere geologiche. Le fotografie di Edward Burtynsky documentano barriere frangiflutti, processi di estrazione delle risorse naturali e bunkeraggio di petrolio nel delta del Niger, deforestazioni, grandi infrastrutture di trasporto, cambiamento climatico, miniere di litio, rame e carbone e sulle tante e diverse forme di inquinamento.
Il progetto si basa sulla ricerca del Gruppo internazionale di scienziati Anthropocene Working Group, impegnato nel raccogliere prove del passaggio dell’attuale epoca geologica (l’olocene, iniziata circa 11.700 anni fa) all’Anthropocene: gli esseri umani sono diventati la singola forza più determinante sul pianeta.
Anthropocene è curata da Urs Stahel(1953, svizzero) Sophie Hackett e Andrea Kunard ed è organizzata dalla Art Gallery of Ontario e dal Canadian Photography Institute della Nationa Gallery of Canada in partnership con la Fondazione MAST di Bologna.
Il percorso didattico interattivo della mostra induce a sviluppare uno sguardo critico sui comportamenti umani e a scegliere di salvaguardare l’ambiente arrestando il processo di degenerazione.
Il complesso del MAST, di oltre 2500 m2, inaugurato nell’ottobre 2013, è un centro polifunzionale e spazio espositivo, realizzato a Bologna dall’omonima Fondazione MAST dell’imprenditrice e filantropa Isabella Seragnoli (1945). Ospita sia collezioni permanenti che mostre temporanee. All’interno si trovano gallerie espositive, un Auditorium, una Academy dedicata all’innovazione tecnologica, un asilo nido, un centro Wellness, un ristorante e una caffetteria e all’esterno un Parco delle Sculture con pezzi monumentali di Olafur Eliasson, Anish Kapoor, Arnaldo Pomodoro e Mark Di Suvero. Nel giardino del MAST un’installazione in RA (Realtà Aumentata) documenta il leggendario Big Loney Doug, maestoso abete Douglas canadese, quasi millenario, salvato nel 2011 da un’imponente deforestazione grazie ad un boscaiolo che l’aveva contrassegnato con la scritta : “Non toccate quest’albero”.
Parte integrante della mostra il premiato film “ANTHROPOCENE: The Human Epoch”, realizzato nell’arco di 4 anni, codiretto dai tre artisti, proiettato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival e con la mostra allestita in contemporanea all’Art Gallery of Ontario di Toronto e alla National Gallery of Canada di Ottawa, organizzata in partnership con la Fondazione MAST. Testimonia con un approccio esperienziale e non didattico un momento critico della storia geologica del pianeta, proponendo una provocatoria e indimenticabile esperienza dell’impatto e della portata della nostra specie. Terza opera di una trilogia che comprende Manufactured Landscape (2006) e Watermark (2013), il film di cui le immagini sono accompagnate dalla voce narrante del Premio Oscar Alicia Vikander, segue la ricerca di un gruppo di scienziati, l’Anthropocene Working Group. Il film sarà distribuito in Italia da Fondazione Stensen e Valmyn.
Anthropocene mostra
Anthropocene: The Human Epoch, lungometraggio,
Fino al 5 gennaio 2020
Proiezioni: martedì ore 11.00-16.00
Mercoledì ore 11.00 – 16.00 – 20.30
Giovedì: ore 11.00 – 16.00
Venerdì, sabato e domenica ore 11.00 – 16.00 – 20.30
MAST, via Speranza 42, Bologna
Ingresso gratuito – orari di apertura: martedì-domenica 10.00 -19.00
Judith Maffeis Sala
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