AIL celebra mezzo secolo di attività

Leucemia mieloide acuta

AIL celebra mezzo secolo di attività

AIL, l’Associazione Italiana contro le Leucemie, protagonista dei successi in Ematologia, rafforza il suo ruolo nella ricerca scientifica per migliorare la vita dei malati. Ne parliamo con il Professor Sergio Amadori, Presidente AIL

Professor Amadori, AIL, l’Associazione Italiana contro le Leucemie, i linfomi e il mieloma, celebra mezzo secolo di attività con una serie di eventi di alto profilo che si terranno per tutto il 2019. Uno di questi, è “Leukemia”, l’annuale conferenza sulle leucemie che stavolta è organizzata in collaborazione con AIL. Qual è il significato e il valore di questa inedita partnership?

“Leukemia” è ormai diventato un appuntamento fisso e di rilevante risonanza nell’ambito dell’Ematologia italiana e internazionale. Il meeting è dedicato prevalentemente alle leucemie, ma durante le giornate di lavoro viene lasciato spazio anche al dibattito su altre importanti malattie del sangue.

Prof. Amadori, Presidente AIL
Prof. Sergio Amadori, Presidente AIL

AIL d’altro canto è una delle maggiori Associazioni italiane di volontariato che da decenni si dedica allo studio e alla cura dei tumori del sangue. Inoltre, il 2019 è un anno importante perché si celebrano i 50 anni dell’Associazione. Abbiamo, quindi, accolto e aderito con grande piacere ed entusiasmo alla proposta degli organizzatori di “Leukemia”, in particolare del professor Angelo Michele Carella di Genova, di partecipare attivamente per la prima volta alla realizzazione dell’edizione 2019 del Convegno che è patrocinato dalla SIE – Società Italiana di Ematologia. AIL nel tempo ha creato un dialogo costante con gli ematologi e con i Centri di ematologia diffusi sul territorio nazionale.

Questa nuova collaborazione tra clinici, ricercatori e volontariato, assume un particolare significato in quanto, a nostro avviso, non potrà che rafforzare gli sforzi che la ricerca scientifica e tutta la “famiglia ematologica” stanno portando avanti per migliorare le terapie e la qualità di vita delle persone affette da un tumore del sangue. Auspichiamo naturalmente che la partnership tra “Leukemia” e AIL possa rinnovarsi anche per le prossime edizioni del meeting.

Cinquant’anni di storia sono un percorso davvero molto lungo per un’Associazione di volontariato. Vuole ripercorrere brevemente le tappe fondamentali di questo viaggio e come AIL è diventata almeno in parte protagonista dei cambiamenti che hanno segnato l’Ematologia?

AIL è nata a Roma l’8 aprile 1969 e riconosciuta con decreto del Presidente della Repubblica n. 481 del 19/9/1975. L’Associazione opera sul territorio nazionale grazie all’attività dei suoi 16.000 volontari e delle 81 Sezioni provinciali, nate dal 1975, che collaborano in maniera fattiva con i Centri di Ematologia italiani.

Il ruolo fondamentale di AIL è l’attività svolta in collaborazione con le strutture pubbliche, sia universitarie che ospedaliere, a favore dei malati e a sostegno della ricerca scientifica attraverso il finanziamento di progetti scientifici, ben 188 negli ultimi decenni per i quali sono stati investiti oltre 133 milioni di euro.

Un sodalizio importante è quello che prende il via nel 2005 tra AIL e il GIMEMA – Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto.  Negli anni AIL ha potenziato sempre di più i servizi socio-assistenziali, le Case alloggio, il servizio di cure domiciliari, le scuole e le sale gioco in ospedale senza trascurare la formazione e l’aggiornamento degli operatori sanitari.

Sono stati 50 anni costellati da importanti successi ai quali AIL ha contribuito facendo crescere la ricerca scientifica. Adesso è il momento di guardare avanti e fissare nuovi obiettivi da raggiungere. AIL deve crescere ancora, solo così riusciremo a garantire gli stessi standard di cura e assistenza a tutti i pazienti sul territorio nazionale. Bisogna che AIL continui a sostenere la ricerca e i Centri di ematologia per dare una speranza ai malati e salvare vite.

AIL, oltre ad affiancare i malati e le loro famiglie con la creazione di una serie di servizi per migliorare la loro vita, si è impegnata fortemente a sostenere la ricerca scientifica, contribuendo a progressi straordinari che hanno portato allo sviluppo di terapie sempre più efficaci. Ci può illustrare qualcuno dei risultati più eclatanti raggiunti anche con il finanziamento di AIL in anni recenti?

Negli ultimi 15 anni si è consolidata la cosiddetta “ematologia di precisione”, con lo sviluppo di trattamenti sempre più personalizzati delle neoplasie del sangue che tengano conto della notevole eterogeneità clinico-biologica che caratterizza tali patologie e che di fatto rendono “unico”, ai fini dell’approccio terapeutico, ogni singolo paziente.

Da alcuni anni la ricerca scientifica è orientata allo sviluppo di terapie mirate per la Leucemia Mieloide Acuta, forte delle conoscenze e dei successi conseguiti sia per la Leucemia Mieloide Cronica (LMC) sul finire degli anni Novanta con l’introduzione nella pratica clinica del famaco Imatinib, vero e proprio apripista delle terapie molecolarmente mirate in oncoematologia, sia più di recente per la Leucemia Acuta Promielocitica (LAP).

La Leucemia Acuta Promielocitica, una varietà di Leucemia Mieloide Acuta, gravata da manifestazioni emorragiche importanti, è di origine genetica ed è dovuta ad una traslocazione cromosomica, un interscambio di una parte dei cromosomi 15 e 17 per il quale il DNA codifica una sequenza che da origine ad una proteina aberrante che causa la malattia.

Per effetto di tale alterazione, le cellule leucemiche della LAP risultano estremamente sensibili alla terapia mirata con agenti farmacologici quali l’acido all-trans retinoico (ATRA), un derivato della vitamina A, ed il triossido di arsenico (ATO), che agiscono promovendo la differenziazione con successiva morte dei promielociti leucemici.

Negli ultimi 20 anni, grazie anche al contributo offerto dalla ricerca italiana attraverso il gruppo cooperatore GIMEMA, numerosi studi clinici hanno dimostrato come l’aggiunta di ATRA ai regimi di chemioterapia standard, basati essenzialmente sull’impiego di farmaci antraciclinici, sia in grado di produrre elevati tassi di remissione molecolare completa (>90%) ed una probabilità di guarigione in circa l’80% dei pazienti.

Per i pazienti con eventuale recidiva della malattia, l’impiego di ATO rappresenta inoltre una efficace terapia di salvataggio consentendo di riportare la malattia in remissione completa nella grande maggioranza dei casi. La dimostrata efficacia clinica di questi due farmaci mirati ha portato il gruppo GIMEMA a sviluppare recentemente, per i pazienti con LAP non ad alto rischio, uno studio clinico di confronto tra un trattamento privo di chemioterapici, basato esclusivamente sull’impiego combinato di ATRA ed ATO, con il regime tradizionale includente ATRA + chemioterapia.

I risultati di questo studio, condotto in collaborazione con due gruppi cooperatori tedeschi, dimostrano che, con il nuovo approccio terapeutico, i risultati di sopravvivenza non solo non sono inferiori, ma addirittura appaiono superiori a quelli ottenibili con la terapia standard, anche con il vantaggio di una migliore qualità di vita. Possiamo affermare che la LAP è un successo storico di GIMEMA.

Quanto queste strategie terapeutiche innovative siano trasferibili alle altre varietà di LMA, che rappresentano complessivamente circa il 90% delle forme diagnosticate, rimane oggetto di dibattito e di intensa ricerca clinico-biologica. Tuttavia, la strada tracciata dalla positiva esperienza registrata nella LMC e nella LAP è ormai aperta, ed un numero non trascurabile di terapie mirate sono attualmente in fase avanzata di sperimentazione clinica nella LMA tra queste, particolarmente promettenti in termini di efficacia e profilo di tollerabilità, sono da segnalare: i farmaci ipometilanti, capaci di interferire con le alterazioni epigenetiche, di frequente riscontro nella LMA, promuovendo la differenziazione del clone leucemico; gli inibitori della attività tirosin-chinasica aberrante indotta da peculiari mutazioni geniche (FLT3, c-KIT), la cui presenza conferisce alla malattia una prognosi sfavorevole; i farmaci diretti contro altri bersagli molecolari (IDH1, IDH2, BCL-2), patogeneticamente di rilievo per lo sviluppo della malattia; e gli anticorpi monoclonali (Gemtuzumab) diretti contro l’antigene CD33 espresso sulla superfice dei blasti leucemici in quasi tutti i pazienti con LMA.

Per questi motivi, in analogia con quanto già fatto nella LMC, la Fondazione GIMEMA ha dato avvio alla realizzazione del progetto LabNet per la LMA. L’idea è quella di costruire una rete nazionale di laboratori che funzioni come piattaforma di diagnostica avanzata, a disposizione di tutti i Centri ematologici presenti sul territorio nazionale.

www.ail.it

 

Stefania Bortolotti

 

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