Italia maglia nera per i tumori infantili
Ambiente e salute, un legame indissolubile, considerando la stretta correlazione tra l’uomo e lo spazio che lo circonda. È ormai noto come l’inquinamento di acqua, aria e terra abbia ricadute negative sul nostro benessere e rappresenti un fattore determinante nello sviluppo di malattie a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare e di patologie oncologiche. Di questo tema se ne discusso nel Settembre scorso in occasione del Convegno “Emergenza cancro – Fattori ambientali modificabili e stili di vita non corretti”, organizzato dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), in prima linea nella tutela della salute umana tramite la salvaguardia della natura, in collaborazione con Confassociazioni Ambiente.
Nel 2016 il Ministero della Salute ha diffuso una mappa delle aree più contaminate presenti nel nostro Paese, associata all’eventuale rischio di sviluppare malattie oncologiche. I dati hanno evidenziato un incremento anche del 90% in soli 10 anni: cancro alla tiroide, alla mammella e il mesotelioma i tumori più diffusi nelle zone prese in esame, causati dall’esposizione a sostanze tossiche, quali diossina, amianto, petrolio, policlorobifenili e mercurio.
L’Italia, inoltre, detiene la maglia nera in Europa per quanto riguarda l’incidenza di malattie oncologiche in età pediatrica. È quanto emerge da uno studio condotto in 62 Paesi dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), in collaborazione con l’Associazione Internazionale dei Registri del Cancro e pubblicato nel 2017 su “Lancet Oncology”. La maggiore incidenza di tumori si registra nei bambini tra 0 e 14 anni e negli adolescenti tra i 15 e i 19 anni nell’area del Sud Europa che comprende, oltre all’Italia, Cipro, Malta, Croazia, Spagna e Portogallo.
Anche l’ultimo rapporto Sentieri (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) a cura dell’Istituito Superiore di Sanità rileva un’”emergenza cancro” tra i più giovani. I dati raccolti nel periodo 2006-2013 in 28 dei 45 siti italiani maggiormente inquinati hanno infatti sottolineato un incremento di tumori maligni del 9% nei soggetti tra 0 e 24 anni, registrando picchi del 50% per i linfomi Non-Hodgkin, del 62% per i sarcomi dei tessuti molli e del 66% per le leucemie mieloidi acute.
“Generalmente si pensa al cancro come a una malattia della terza età e si sostiene che il trend continuo di incremento di tumori nel corso del XX secolo in tutti i Paesi industrializzati possa essere spiegato mediante la teoria dell’accumulo progressivo di lesioni genetiche stocastiche e il miglioramento continuo delle nostre capacità diagnostiche”, esordisce Ernesto Burgio, membro dell’European Cancer and Environment Research Institute (ECERI) di Bruxelles. “In genere si afferma che i tumori infantili sono una patologia rara. È opportuno però ricordare come, in termini assoluti, uno su 5-600 nuovi nati si ammalerà di cancro prima del compimento del quindicesimo anno d’età; come, nonostante i significativi miglioramenti prognostici degli ultimi decenni, il cancro rappresenti la prima causa di morte per malattia nei bambini che hanno superato l’anno d’età; come anche in questa fascia d’età, a partire dagli anni 1980-90, si sia assistito a un aumento significativo della patologia tumorale”.
Ma quali misure si possono adottare per limitare i danni dell’inquinamento?
“I cittadini si credono talvolta impotenti di fronte a questo tema ma invece sono proprio loro a poter cambiare la situazione con scelte consapevoli, a partire dagli acquisti piccoli o grandi di tutti i giorni. I nostri consumi possono modificare il mercato e nello stesso tempo costringere le aziende produttrici a essere veramente ecosostenibili: pretendiamo, quindi, alimenti, elettrodomestici e prodotti di uso quotidiano che siano scientificamente validati da Enti pubblici italiani”, dichiara Alessandro Miani, Presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale e docente di
Prevenzione Ambientale del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano. “Ci sono poi semplici regole che ognuno di noi può seguire a casa propria per fare prevenzione ambientale – dall’utilizzo di bottiglie d’acqua in vetro anziché in plastica ai piccoli accorgimenti per migliorare la qualità e ridurre lo spreco di acqua potabile – e per evitare i danni causati dall’eccessiva esposizione all’inquinamento indoor e ai campi elettromagnetici (www.prevenzione.life). Quello che facciamo oggi avrà ricadute tangibili tra 30 anni: dobbiamo quindi agire subito per consegnare alle future generazioni un ambiente sostenibile”.
Stefania Bortolotti
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