16a Giornata Milanese di Chirurgia della Mano: esperti riuniti per fare il punto sugli errori nella cura delle fratture
“Il trattamento delle complicanze e degli esiti nella chirurgia del polso” è stato il tema della 16a Giornata Milanese di Chirurgia della Mano che si è tenuta il 22 e il 23 marzo presso il Centro Congressi Stelline di Milano.
All’evento, organizzato dall’Ospedale San Giuseppe, Gruppo MultiMedica, Università degli Studi di Milano, hanno partecipato fisiatri, fisioterapisti, terapisti della mano, terapisti occupazionali e chirurghi, italiani e stranieri, per fare il punto sulle principali tecniche di cura e sulle nuove frontiere di trattamento della traumatologia del polso, sicuramente la più comune.
«Nell’ultimo decennio si è capito che questi traumi vanno gestiti chirurgicamente e non col gesso. Perché soltanto l’intervento permette una ricostruzione anatomica affidabile – ha spiegato il professor Giorgio Pajardi, direttore dell’UO di Chirurgia e Riabilitazione della Mano dell’Ospedale San Giuseppe, Gruppo MultiMedica, Università di Milano e direttore della 16a Giornata -. Se per gestire una frattura del radio si ricorre al gesso che lo fa guarire compattato, ovvero più corto del normale, l’esito sarà un polso dolorante che non funziona correttamente. In quel caso, la soluzione è ‘romperlo’ nuovamente e inserire una placca. Con una riparazione anatomica corretta, invece, il paziente potrà muovere di nuovo il polso in tempi brevissimi. La maggior parte delle fratture andrebbe, quindi, operata. È importante valutare anche lo stato dei legamenti. Quando la dinamica fa pensare che possano esserci delle lesioni associate, a fine intervento, una volta messa la placca, si deve procedere con una valutazione artroscopica, così da procedere di conseguenza».
Ogni specialista che graviti intorno al mondo delle patologie della mano, ortopedico, fisiatra, medico dello sport, non può dirsi esente dal dover avere nozioni sufficienti per gestire un trauma semplice o complesso del polso, impostando la fase di urgenza o scegliendo la soluzione più idonea a procedere. Per dibattere di questi temi, quindi, è stata chiamata a Milano la nuova generazione di “chirurghi del polso”, guidati da testimonial d’eccezione. Quest’anno, le sessioni congressuali erano anche arricchite da brevi video relive surgery e cadaver laboratory, ovvero clip di interventi chirurgici su pazienti paragonati a dissezioni anatomiche dal CadaverLab del Gruppo MultiMedica.
«La patologia del polso – ha affermato il dottor Andrea Ghezzi, responsabile del servizio di traumatologia del polso e chirurgo della mano presso l’Ospedale San Giuseppe, Gruppo MultiMedica e Presidente della due giorni congressuale – già complessa da diagnosticare, lo è ancora di più da gestire. Spesso, proprio per la complessità anatomica e meccanica a livello del carpo, i trattamenti conservativi lasciano sintomatologie persistenti che non portano alla guarigione. Dalla mia esperienza, non ho mai trovato, in Italia come all’estero, un convegno in cui si parlasse di come approcciare in modo corretto le complicanze chirurgiche o post chirurgiche del polso. Perciò, abbiamo deciso di occuparci di questa problematica, invitando relatori di fama nazionale e internazionale».
«Gli eventi traumatici al polso sono appannaggio di una popolazione sia giovane che anziana e vengono trattati non chirurgicamente nei comuni centri di traumatologia. Con esiti negativi perché è ormai riconosciuto che queste fratture necessitano di un trattamento chirurgico di sintesi per ripristinare la normale anatomia e dare così un buon movimento – ha spiegato il dottor Luciano Cara, Vicepresidente e futuro Presidente della Società Italiana di Chirurgia della Mano (SICM), più alta autorità presente al congresso -. Tutto questo non accade, perché i chirurghi delle ortopedie danno maggiore importanza a patologie più complesse e trattando queste condizioni in maniera errata, le ingessano. Volendo fare qualche esempio di complicanze, possiamo citare la mal-union (unione scorretta), la sofferenza dei nervi periferici, mediano e ulnare, o la pseudoartrosi della frattura che non consolida adeguatamente. Poi, abbiamo la cattiva sintesi, le deformità e la riduzione del movimento e della forza di presa. Noi come SICM stiamo cercando proprio di dare maggior importanza e riconoscimento nazionale ai Centri di Chirurgia della Mano».
Un tema al centro della discussione per due giorni al Centro Congressi Stelline di Milano, sono state le patologie del polso nei giovani sportivi: la frattura più comune è quella dello scafoide, osso del carpo. Ha detto a questo proposito Ghezzi: «Lo scafoide per come è fatto se non viene trattato in maniera corretta lascia esiti importanti nel senso che progressivamente l’osso, non guarendo, degenera e crea condizioni complesse da gestire da un punto di vista chirurgico e soprattutto prognostico. Una corretta diagnosi è sicuramente lo step principale per riuscire a indirizzare il paziente verso il trattamento migliore. Il ruolo del pronto soccorso è escludere o confermare condizioni traumatiche ossee, importante come primo approccio, come primo livello di diagnosi, anche se è lo specialista della mano e del polso che deve poi occuparsi di tutto il resto. Il percorso virtuoso dovrebbe essere: corretta diagnosi, giusto trattamento, aumento delle chances di guarigione e, quindi, riduzione dei rischi di potenziali complicanze o esiti non corretti».
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