Il calore può combattere i tumori
Le tecniche di termoablazione sono basate sullo sviluppo di calore all’interno di una lesione “target”, raggiungendo una temperatura superiore a 50 gradi. In oncologia queste causano la denaturazione delle proteine intracellulari e la dissoluzione dei lipidi di membrana, provocando la morte cellulare. Queste procedure possono essere effettuate sia nei confronti di tumori primari, che secondari dei tessuti parenchimali (fegato, rene, polmone) e delle ossa. Tuttavia è importante trattare non solo la lesione tumorale, ma occorre eliminare anche i margini di tessuto “sano” che, nel caso di un tumore primitivo, deve essere di almeno 5 mm e in quello di una metastasi di 1 cm. In Italia si stima che complessivamente siano eseguite 7-8 mila procedure l’anno, il 70% delle quali riguardano il fegato, seguite da polmone e rene. Il sistema di termoablazione che si basa sulle microonde, realizzato da Medtronic (www.medtronic.it), rappresenta un’evoluzione importante rispetto alla tecnologia a radiofrequenza. “Le microonde sono onde elettromagnetiche prodotte da un generatore, che attraverso un cavo raggiungono l’antenna inserita nel tumore e qui determinano un’oscillazione delle molecole d’acqua con conseguente produzione di calore”, afferma Gianpaolo Carrafiello, Professore Ordinario di Diagnostica per Immagini, Radioterapia e Neuroradiologia dell’Università degli Studi di Milano e Direttore UOC Radiologia Diagnostica e Interventistica ASST Santi Paolo e Carlo Presidio San Paolo di Milano. Negli ultimi anni l’innovazione tecnologica di Medtronic ha messo a disposizione della comunità medico-scientifica dispositivi in grado di aumentare le dimensioni delle aree di ablazione tumorale che, grazie alla definizione di contorni perfettamente sferici, sono diventate sempre più “definibili” e “prevedibili”. “I benefici della termoablazione per il paziente oncologico – sostiene Sandro Barni, Direttore del Dipartimento Oncologico dell’ASST Bergamo Ovest Treviglio – riguardano prevalentemente il fatto che è una metodica meno cruenta della chirurgia tradizionale, più rapida, meno dolorosa, è ripetibile in caso di recidive, riduce le giornate di degenza e il periodo di malattia, con una conseguenza diminuzione dei costi diretti e indiretti, a vantaggio anche del Sistema Sanitario Nazionale.”
Stefania Bortolotti
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